New York: Live at CBGB's di Carlo Massarini


Nico sulla scena ispira un senso di immutabile, di eterno. Misteriosa chanteuse, avvolta nel suo lungo abito nero, guarda la gente come se guardasse solo in se stessa, quasi immobile. Le sue mani poggiano e si sollevano lentamente dal suo harmonium elettrico, una specie di mini-organo da chiesa che aggiunge un alone di sacro e profano alle sue lunghe, snodate, oscure canzoni di vita, di amore e di morte. Nico è una celebrità, in particolare qui a New York. Quello che segue i suoi spostamenti randagi, spesso alternati a lunghi mesi o anni di silenzio, è una forma di culto, di tenebrosa leggenda. Si estende per tutta l'Europa, in Francia specialmente, ma NYC è la città dove dieci anni fa ha conquistato molte fantasie e molti cuori impersonando la parte dell'angelo nero, della femme fatale e di uno specchio che rifletteva uno spirito invece che un corpo nei primi Velvet Underground. A quei tempi Nico era una statuaria e gelida altissima figura bionda. Forse qualcuno l'avrà scorta per un attimo in una festa all'alba nel nostro classico degli anni Sessanta, La dolce vita, forse altri avranno incontrato i suoi occhi trasparenti sulle pagine delle riviste di alta moda. Nel gruppo messo insieme da Andy Warhol non è rimasta molto: un solo album, il primo, quello con la banana gialla su fondo bianco. Fu la prima a lasciare, prima di John Cale, addio a Lou Reed che ne aveva fatto la propria musa ispiratrice. I suoi album successivi appartengono all'underground. Dopo il primo Chelsea Girls, orchestrato e gonfiato fino alla totale estraneità del personaggio, il cammino è ripreso con due album più vicini al suo spirito, spiagge nel deserto e di pazzia a sgombrare il terreno da ogni possibile tentazione di piacere senza prima rapire e conquistare per sempre. Da quegli anni, i lunghi capelli, ora neri, che aggiungevano ulteriore pathos alla sua immagine di lady of the night, non ha più registrato un disco in proprio. E anche le apparizioni sono state rade, spesso con il vecchio compagno di avventura John Cale, e altrove sempre con quegli artisti che, come Brian Eno, hanno creato una corrente più che un genere, l'art rock. Ma le correnti non l'hanno mai sospinta, e con questo non ha fatto altro che aggiungere mistero e impenetrabilità laddove la chiave era ancora da scoprire.

Nemmeno questa volta, al CBGB's, prima apparizione in città dopo sei anni, è trapelato nulla di lei. Un fascio di luce bianca l'ha accompagnata per un'ora di recital, ma il suo volto - a volte lontano, profondamente scavato, a volte dolce e più terreno - non si è mai lasciato sfiorare. Le poche parole fra un'elegia e l'altra sono state per difendere Warhol da uno che non si poteva esattamente definire un suo ammiratore, per introdurre John Cale e il suo chitarrista acustico, per dedicare il suo omaggio a Brian Jones. Tutto il resto è stato lasciato sottinteso, esattamente come il chorus di Femme Fatale: non c'era nessuna seconda voce, se non nella fantasia di chi la ricordava completa. I più incantati hanno invocato Please don't go! fin dal primo brano, quando ha aperto da sola con The End, un ricongiungimento con la visione di ossessione - sessuale, di destino, di morte - del suo autore più sentito, lo scomparso Jim Morrison. Nel suo cavernoso accento mitteleuropeo Nico sorridendo ha rassicurato: "oh yyesss... don't worry". Il timore che la creatura dopo sei anni scomparisse o venisse sepolta dalla nuova band elettrica di John Cale teneva sulle spine più di un devoto giunto finalmente al suo rito. Nulla di ciò. Una prima parte con alcune scelte da Desertshore e Marble Index, due silenzi improvvisi al colmo della tensione nel crescendo di accordi maestosi ("scusate, ho dei problemi con la mia memoria") e poi, quando John e il suo violino elettrico sono finalmente arrivati, una perfetta comunione di atmosfere e segreti pensieri. Troppo personale per poter coinvolgere altri, ma che ha instaurato nel piccolo e chiassoso bar della Bowery un denso alone irreale, di ipnotico, di magnetico. Alla fine, così come era arrivata - quasi scivolando nel silenzio - Nico è scomparsa. Come al risveglio da un sogno, è rimasto il dubbio che tutto ciò sia stato solo il frutto di visionaria sensibilità, allo stesso tempo, un'atmosfera così magica e unica da non poter essere nata dal nulla. Cinque anni fa o giù di lì - la sensazione di incertezza è la stessa - Nico è passata da Roma un po' infastidita dalla viva luce, più a suo agio in lunghe passeggiate nel centro abbandonato all'oscurità della notte. Era vestita uguale, aveva lo stesso sguardo lontano e il sorriso misterioso. Nel suo freddo distacco, ispirava follia, vita bruciata eppur vissuta intensamente, arcano romanticismo. Non è cambiata, non sono cambiate le sue canzoni, né la profonda voce con cui le intona. Immutabile, eterna? Forse solo un'altra sensibilità, un'anima che viene da molto lontano. E che non si avvicinerà mai. Popster - 1979

 

 

 

 

 

 

 

 

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