Storia di un flop annunciato

 

 

23.11.2008 - Il precedente album di Patty Pravo risale a circa quattro anni fa, si intitolava Nic Unic. A caldo esternai le mie impressioni che purtroppo, rilette oggi, risultano più che ottimistiche... Scrissi che il nuovo lavoro "odorava di vernice fresca", peccato però che col passare del tempo, gratta gratta, sotto la vernice non sia rimasto nulla. Ed è la stessa Pravo, oggi, a dichiarare apertamente in un'intervista di aver fatto un disco brutto.

Per evitare di incappare nello stesso errore ho aspettato più di un anno prima di azzardare una recensione di Spero che ti piaccia / Pour toi... (omaggio a Dalida).  Ma anche dopo ripetuti ascolti, pur essendo un disco di sole cover, stavolta resta immutata la sensazione iniziale e, vale a dire che si è trattato di un'operazione non completamente riuscita.

 

In effetti, già dai primi ascolti, si ha l'impressione di una produzione anomala, portata avanti su tre, quattro diversi stili musicali, con arrangiamenti e missaggi agli antipodi. Ci sono a mio avviso solo tre brani molto validi, compiuti e in perfetta armonia l'uno con l'altro: Darla Dirladada, Bambino e Salma ya salama, dove voce e arrangiamenti vengono gestiti al meglio. Guarda caso, tutti e tre i pezzi sono stati registrati in Normandia, negli studi di Luc Besson, con uno stile etno-pop (cantati in arabo e in napoletano) ed un missaggio che, piaccia o meno, può considerarsi perfettamente riuscito. Poteva essere una buona occasione per continuare sulla stessa linea, anche alternando brani meno movimentati ma in sintonia con tutto il resto. Ci  sono invece, in ordine sparso, interpretazioni decisamente tediose (Il venait d'avoir 18 ans, Comme si tu étais là e Pour en arriver là), dove fanno capolino limiti vocali non indifferenti e una discutibile pronuncia francese (canzoni, guarda caso, registrate a Roma e con tutt'altri arrangiamenti). Poi, sempre procedendo random, due brani che fanno storia a sé: il primo è la monocorde J'attendrai che sembra uscita dalla raccolta di brani d'epoca presentata in Tv a Premiatissima nel 1984, dove se non altro sarebbe risultata più in sintonia (per uso della voce e affinità sonore) accanto a Come le rose e Che m'e 'mparato a fa'; poi c'è Col tempo (cantata in italiano) in una versione asettica, con la voce troppo in primo piano e, secondo me, niente pathos nell'interpretazione. Un altro episodio a parte è Fini la comedie, canzone che apre l'album, stravolta rispetto all'originale, tiratissima e con un arrangiamento pomposo e debordante ma tutto sommato abbastanza efficace.

 

Con queste premesse, l'album all'ascolto risulta stridente, anche nella scelta delle canzoni, che pare davvero casuale e non frutto di una attenta ricerca o di uno studio amorevole e impegnato del repertorio di Dalida. Non so come si possa accostare J'attendrai (la nostra Tornerai) con arrangiamento scarno e canto disimpegnato alla versione pompatissima e in arabo di Darla Dirladada che rimanda a tutt'altre suggestioni. Oppure Il venait d'avoir 18 ans con arrangiamento ridotto al minimo sindacale (e stecca incorporata), alla rilettura roccheggiante di Fini la comédie.

Per contro, la cover di Bambino, che è davvero ben riuscita, sarebbe potuta diventare un tormentone (di classe) dell'estate 2007, visto che il disco sembrava esser pronto da maggio, mentre poi è stato pubblicato in autunno...

Per completare "l'opera" i tre pezzi a mio avviso più riusciti, di cui parlavo all'inizio, sono stati proposti in doppia versione, con un diverso arrangiamento e messi insieme agli altri a fine disco, creando l'ennesimo episodio a parte dell' album. Tra l'altro, riguardo questi ultimi tre brani in particolare, trattasi di melodie molto ripetitive e orecchiabili che, sinceramente, inserite due volte nello stesso album finiscono per stancare e precipitare presto nel dimenticatoio. Un album un po' anarchico, insomma, ma non nell'accezione migliore del termine, con situazioni e generi musicali isolati, alcuni ottimi, altri "pesanti", altri anonimi, deludenti e sempre in attrito fra loro. Un "inconcept" album, verrebbe da dire, un puzzle con tessere che sembrano appartenere a disegni diversi e che non possono quindi incastrarsi fra loro per formarne uno compiuto e definitivo.

 

Impressione personale: Patty Pravo in questo disco non c'è, latita per interpretazione e convinzione. Un disco evidentemente fatto su commissione, ecco ciò che è o ciò che sembra... Senza poi contare che stiamo parlando di un CD arrivato sul mercato quasi clandestinamente, si dice nato in mezzo a grane e a questioni legali tra l'artista e l'etichetta discografica che lo ha prodotto. Un disco che, nonostante la recente e tardiva promozione, non si sente in radio e non decolla, in altre parole non incontra il favore del pubblico. Inoltre il CD, originariamente è stato pubblicato senza nemmeno una bella copertina e svenduto da subito a prezzo speciale, come fosse una compilation qualsiasi o una ristampa in linea economica. Ma anche la seconda edizione con copertina aggiornata (e pessima distribuzione) non ha sortito alcun effetto. Un album annunciato già da luglio 2007 da interviste e comunicati stampa che come al solito parlavano di lancio internazionale, di tour in Francia, esibizioni all'Olympia e allo Chatelet di Parigi, distribuzione europea e via dicendo. Le solite mitomanie alle quali la cantante e il suo entourage ci hanno ormai abituati da qualche anno a questa parte. Certo è che la credibilità dell'artista è ormai ai minimi storici, e qui tra un disco e l'altro, la nostra Nicoletta sta diventando la Medea della musica leggera italiana. Tutti i pezzi che sceglie (belli o brutti che siano), una volta partoriti, per una ragione o per l'altra, prima o poi li fa secchi! Ed è un vero peccato per quei brani ben riusciti che non hanno avuto l'opportunità di brillare di luce propria ed essere giustamente apprezzati dal pubblico.

 

Rosario Bono