Patty Pravo (Cimiteria) 1970
Recensione di Emanuele Bardazzi
tratta dalla fanzine PATTY PRAVO CLUB 1990
Arriva fresca di stampa dalla Contempo
Records di Firenze la riedizione del terzo album, il disco
finora più raro ed ambito della discografia italiana di Patty
Pravo. Per aggiudicarsene una copia in ottimo stato servivano
ultimamente, nel mercato del collezionismo, dalle tre alle
quattrocentomila lire; adesso questa ristampa consentirà a
molti di possedere il disco senza più dover sborsare simili
cifre.
Perché Cimiteria, come è stato ribattezzato Patty Pravo 1970
(oppure Morticia come scherzosamente lo chiama Nicoletta), ha
tutto il fascino dell'album di culto, ricercatissimo anche dai
collezionisti giapponesi innamorati del pop progressivo
italiano?
Credo che uno dei motivi principali vada
ricercato nella copertina disegnata appositamente da Gordon
Faggetter
che, oltre ad essere il batterista del
primo complesso di Patty Pravo (i Cyan 3) aveva anche delle
notevoli doti di pittore. Il soggetto del quadro, neogotico e
crepuscolare, sembra ispirato ad un racconto di Poe
o di Lovecraft: in primo piano una
donna, avvolta in un sudario da morta viva, vaga in un
paesaggio di cipressi al tramonto; a sinistra una specie di
lapide col volto della donna nel cerchio di un orologio senza
lancette; infine ancora due volti femminili quasi pietrificati
appaiono nel cielo come fantasmi od angeli preraffaelliti. In
tutte queste immagini è ovviamente ritratta Patty Pravo. Una
copertina così misteriosa, inquietante e insolita per un
disco, anticipa in realtà un filone che vedrà sempre più il
ricorso a disegni fantastici per la grafica degli albums; e
questo filone di arte surreale passerà in Italia
principalmente attraverso i dischi del pop progressivo; credo
che questo risvolto "estetico" oltre naturalmente agli aspetti
strettamente musicali del fenomeno, attivi estremamente i
giapponesi che sono molto sensibili alle espressioni dell'arte
occidentale; chi vorrà studiare l'arte nelle copertine dei
dischi si accorgerà di quante idee originali si svilupparono
nei primi anni Settanta in Italia nelle copertine dei Trip,
Banco, Pfm, Rovescio della Medaglia, solo per citare i più
noti e come i disegnatori ricorressero a temi fantastici e che
spesso sconfinavano nel sogno e nell'incubo, quando non
addirittura nell'horror (del resto anche in sintonia con i
nomi fantasiosi di complessi che si chiamavano Metamorfosi,
La
Corte dei Miracoli, La Locanda delle Fate, Un biglietto per
l'Inferno, Il ritratto di Dorian Gray, Edgar Allan Poe,
Jacula,
ecc.).
Naturalmente l'album Patty Pravo è
piuttosto lontano dal punto di vista musicale dalle tendenze
del pop progressivo (che del resto nel 1970 era agli esordi):
si muove su terreni più tradizionali, con arrangiamenti e
direzioni d'orchestra "classici"; siamo decisamente in ambito
"canzone", anche se con scelte di repertorio varie ed
intriganti che permettono a Patty Pravo di esprimersi in varie
direzioni. La scelta romantica e melodica è una dominante che
impone a brani che affondano maggiormente nel pathos
un'alternanza di motivi più leggeri e rasserenanti; anche la
scelta di inserire pezzi dei Beatles come Something e
And I
love her
ha questo proposito riequilibrante.
So che ad alcuni questo album non
piace molto; sarà forse perchè lo trovano troppo eterogeneo e
poco moderno o perché composto quasi interamente di covers,
con ben pochi brani scritti appositamente per Patty Pravo e
con testi forse antiquati. Ma ci sarà allora una ragione per
la quale questo disco attira tanto, quasi inconsciamente? Io
credo che l'atmosfera un po' "demodé" (non so voluta da chi)
che caratterizza l'album, a cominciare dalle foto interne con
quei travestimenti Liberty
e anni Venti, abbia indubbiamente un suo
fascino anche come specchio di certe mode del momento (dalla
semplice riscoperta dei vestiti della nonna alle atmosfere
raffinate dei film di Visconti) e sia molto rivelatorio delle
proiezioni immaginarie che si andavano facendo sul personaggio
Patty Pravo. Già dal tempo dei suoi esordi si parlava di lei
come di un cocktail di antico e moderno che ricordava di volta
in volta miti femminili come Greta Garbo o Marlene Dietrich o
addirittura Francesca Bertini o Wanda Osiris, proiettati nel
mondo contemporaneo. E ancora Antonello Falqui in Stasera
Patty Pravo aveva giocato a trasformare Nicoletta in "femme
fatale", ora vampira e maliarda belle epoque, ora diva
platinata degli anni Venti e Trenta. Questo gioco era stato
fatto anche con Mina (dallo stesso Falqui, in
Canzonissima '68), ma con Patty Pravo, che emanava maggiori ambiguità e
mistero di per sé, è stato ancora più facile cadere nella
tentazione di fare rivivere nel suo personaggio quell' "eterno
femminino" (ora angelico, ora demoniaco) che proprio
nell'immaginario del Liberty aveva le sue origini. Anche sulle
canzoni aleggia un'atmosfera nostalgica e decadente (The day
that my love went away), un'immagine femminile un po' perduta,
"noire" e fatale (All'inferno insieme a te), passioni assolute
gridate con impeto, eccessi di romanticismo estenuato da
antichi grammofoni, cantati con voce volutamente rotta e
tremolante (Una conchiglia); e non è poco riuscire ad
esprimere tutto questo in maniera credibile e convincente,
senza farne una caricatura ma anzi riuscendo a rendere quasi
sublime anche il kitsch, considerato anche il fatto che Patty
Pravo all'epoca era poco più che una ragazzina. Il
retro della copertina dell'album, che propone un'altra foto
"funerea" (ma in senso anche ironico, non dimentichiamolo,
come "divertissement" nel genere humor nero) ha ancora un
significato: la fine dell'era del Piper, simboleggiata
dall'immagine di Nicoletta e dei ragazzi del suo complesso,
ancora vestiti primo Novecento, trasformati in vecchietti un
po' sinistri, in una posa imbalsamata da museo delle cere; tra
polvere e ragnatele anche l'insegna del Piper, come se il
passato prossimo facesse ormai parte anch'esso del mondo di
ieri. Nicoletta ricorda di quando , usciti dallo studio di
posa dove avevano fatto quella foto, si fermarono con ancora
addosso quel trucco cadaverico per prendere il caffè in un bar
lì vicino, tra lo stupore e lo sconcerto generali. Questo
disco segna anche la fine del sodalizio artistico con i Cyan 3
+ 1 e le immagini ricordo di quei musicisti dai capelli lunghi
sfilano nel piccolo museo fotografico all'interno dell'album,
come frammenti nostalgici di un periodo appena concluso. Di lì
a poco inizierà la stagione "francese" di Patty Pravo, già
annunciata dall'inclusione di Non, je ne regrette rien e sarà
la volta di Bravo Pravo, che del terzo album costituisce la
continuazione ideale.
|
|
|
|