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GIUGNO 2007 - Nicoletta Strambelli, in arte
La Pravo, torna
a cantare. Canzoni di Dalida, che a sua volta aveva preso in
dote canora da altri autori, ben felici di vederle ben presto
diventare monete d'oro. Un bell'atto di coraggio? No. E' il
tentativo legittimo di allargare il consenso, se non altro per il
fatto che (come ha rivelato a Fegiz) le canta perché è
"viva". Non avendo ancora sentito nulla, l'ammiratore di
entrambe è ad un bivio. Ignorare l'evento per non rovinare la
chiaroscura leggenda di Jolanda Gigliotti, o abbandonarsi
all'ennesimo colpo d'ala o di genio della Veneziana, col
complesso da sangue blu? Ormai anche i suoi estimatori sperano che
dopo le trasfusioni, sia di un aristocratico blu-smaltato-definitivo. Propendo per la seconda ipotesi. D’altronde
in questi momenti di confusione dove è capitato di vedere alla Festa in onore di
Padre Pio, i Pooh sculettanti che
s'imitavano da soli, beh... Il Paradiso o All'inferno
insieme a te cantati da lei in playback (con il burqa), in
confronto sarebbero stati roba sacra.
Omaggio ad un'amica: i suoi
rapporti personali con Dalida un po' confusi? O forse restano
racchiusi dentro la tenerezza di un ricordo? Mai comunque
prigionieri di sottolineature, che francamente potevano
risparmiarci, quelli che con un sadismo misogino brechtiano le hanno
prontamente evidenziate sui forum in rete... Nicoletta non ha schemi mentali e forse li avrà raccontati così, senza troppo
pensare, come fossero cose intime, che però un buon cronista
dovrebbe saper lasciare nella penna. Esiste anche la "pietas" virgiliana, che sarebbe un modo nobile di rendere omaggio ad una
signora della canzone, a mio avviso fortunata, ma infelice... In
quanto a Jolanda Dark, credo che anche Lady Pravo si
sia concessa molto "noir". E giustamente, dico io! Stiamo parlando
di donne vere, non di bambole!
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Il bisogno di toccare il repertorio arabo
di Dalida, che con le sue origini aveva un legame
profondo, è stata la sfida più allettante. Ci sono interviste
della Gigliotti che svelano come il suo cuore
"martoriato" avesse sensibilità femminili e algide nei
confronti di quella cultura. Che sia nato dalla necessità di
stabilire con la sua origine veneziana, una classificazione
orientale? Lo stile veneziano, a partire da San Marco,
respira il sogno di emulazione che da Marco Polo fino
alla fine del suo percorso storico, spinge la pittura,
l'architettura, il costume e l'artigianato, la musica e il
cibo, al confronto culturale e commerciale, con la
cultura islamica. L'Oriente, sia cristiano che
musulmano, amalgamato dai veneziani si è sparso sulla città,
diventando una sintesi di stile che ha poi inondato tutte le
coste del mediterraneo col suo segno inconfondibile. Il
lessico vocale gigliottiano e la sua stessa fonazione
hanno radici nella parlata araba. Il fascino di questa signora
della canzone stava nel fatto che qualunque cosa cantasse o
facesse, riusciva a restare sempre se stessa. Anche quando per
quadrare i conti con l'età e l'evento mediatico ha dovuto
lasciare l'Istinto e cavalcare la finzione, la Gigliotti
ha sempre "usato il suo pelo", e non s'è mai cacciata in
testa quello finto... In lei l'uso della voce era naturale ed
istintivo, primordiale. Le altre poi l'hanno imitata, penso a
Milva, Loretta Goggi, Rosanna Fratello, la Carrà,
Mina,
Madonna e, perché no, alla Strambelli. L'uso
scenografico dei capelli, che atavicamente ricorda la
Maddalena che asciuga i piedi al Cristo, era a
sua volta mediato da Rita Hayworth, la Gilda che
si sfila il guanto come fosse un condom... Dalida
roteava i capelli in una maniera da far rizzare i peli
sulla pelle: sacro e profano in equilibrio perfetto. Prendeva
le canzoni di successo degli altri e le stravolgeva con un
testo diversissimo, che non teneva conto di quello originale.
Chi lavorava per lei come paroliere, sembrava scrivesse sempre
qualcosa di importante, così come lo erano i suoi vestiti;
niente però che la rendesse prigioniera se non di un unico
stile, il suo. |
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La Pravo invece quando affronta le
cover, spesso le migliora partendo da dove gli
interpreti originali le hanno lasciate scoperte. A parte
Bambino che è il brano civetta, sono curioso di
ascoltare le modalità interpretative di Darla
dirladada, che io ricordo cantavamo nelle bettole con il
ritornello che diceva "darla di dirla daghela", presa da una
parodia esilarante che ne faceva Isabella Biagini in Tv
(non sono sicuro però se avesse passato indenne la censura
Rai di allora. Che tempi!). Poi c'è Col tempo di
Leo Ferrè, riproposta in italiano! Altra civetteria.
Brani rappresentativi di scelte dettate più dall'istinto che
da una logica. Come quella di cantare Bambino in arabo
e napoletano facendone un inedito mix. Scelta logica per
un pezzo della tradizione antica napoletana, e non per un
pezzo anni Cinquanta, che ammiccò alla modernità di
Carosone, annunciando Modugno. Mi pare che in
una versione più tarda, la stessa Dalida ne cantasse un
capoverso in napoletano... Ma chi conosce il percorso
artistico e musicale di Nicoletta, sa che la curiosità
e la voglia di sperimentare sono sue innegabili
doti. |
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Ho tre ricordi personali riguardo Lady
Pravo. Il primo, in una trattoria milanese, in Via
dell'Orso, dietro alla Scala, dove la giovane diva
arrivò con Vincenzo Buonassisi, giornalista
"gourmet" a cui s'aggiunse poi Luciano Tallarini, uno
degli ideatori delle sue copertine; allora, nello specifico
dell'album, Si.. incoerenza del 1972, con
arrangiamenti di Bill Conti e prodotto da lei stessa.
Per chi se lo fosse dimenticato, un vertice di altissimo
livello interpretativo, dove grafica, voce, arrangiamenti e
miscellanea sono invenzione pura di uno stile che in Italia
possedeva solo Milly. Canta Piccino, di
Leo Ferrè, che è un inno altamente poetico per il mondo
dell'infanzia, levigando le parole, poiché la musica di
Conti lo pretende. Sarebbe da far ascoltare come
"tormentone salvifico" ai preti pedofili. Milly (che
da Roberto Negri aveva incocciato Medail,
giovane e eccellente traduttore sia di "Piccino" che di "Col
tempo"), rilanciata dal maestro Strehler come
interprete di Brecht, alla domanda del maestro su chi
altri allora avrebbe potuto affrontare quel repertorio, dopo
aver ascoltato il disco di Patty, dichiarò (l'ho sentito con
le mie orecchie): "Patty Pravo, credo sia l'unica che possa
prendere il mio posto". Certo le sirene del teatro erano
rigorose e il maestro, chiamato dai nemici fata
turchina (per via dei capelli tinti tendenti all'azzurro)
un vero pigmalione. La cosa però non andò in porto, e io sono
convinto che se la Strambelli avesse compreso la
portata di quello che la sorte le aveva messo sotto il naso
(Milva su quell'impegno ha giocato il valore della sua
carriera), avrebbe ricostruito il suo personaggio fino a
raggiungere la statura artistica di una Ute Lemper,
conquistando quel peso artistico a livello mondiale che ha
cercato invano, su strade difficili, dove ci voleva una
pantera e non un colibrì. Colibrì d'acciaio comunque,
che sfidando il mondo discografico si era intanto autoprodotta
tre dischi importanti. |
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La
bambola, passata indenne per Tutt'al più, di
Migliacci/Pintucci, aveva sviscerato il confronto tra un
istinto colmo di talentuosa aggressività e il bisogno di un
inconscio riscatto, sia morale che spirituale, da parte
di chi per un momento è consapevole che la fortuna ha
concesso le sue grazie. Avrebbe fatto di lei una diva
moderna, anticipando Madonna, passando magari per quel
progetto che Francesca Sanvitale nominò proprio l'altro
giorno in un' intervista sul suo lavoro ventennale di capo
struttura culturale alla Rai. Il suo sogno svanito fu uno show
su Wanda Osiris, con Patty come protagonista.
Lei rinunciò, come per Andromeda, dicendo di non
sentirsi all'altezza. Così i suoi no a registi importanti,
indici di un'autonomia che però, col senno di poi, ha pagato
pegno. Sì... incoerenza, appunto... disco intenso, il
secondo di quella trilogia che comprendeva Per aver visto
un uomo piangere... del 1971, dove il velo arabo
azzurro la faceva somigliare ad una Madonna laica, che si
consola del suo mistero cantando Lanterne antiche.
Album preceduto, nello stesso anno, da Di vero in
fondo, con Soolaimon di Neil Diamond (da
suonare ai funerali, per entrare danzando nell'eternità,
incuranti di finire in Paradiso o all' Inferno, o ancora
peggio di scomparire per sempre nel Nulla Eterno).
Insieme con
il resto, speriamo che tutti questi buoni propositi musicali
di allora e di sempre, siano stati l'ispirazione giusta
per sfidare oggi lo stile e il repertorio di Dalida. Il
più di allora, con il molto meno del
dopo, potrebbero diventare adesso un diverso
intrigante... |
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Il secondo ricordo riguarda DOC, di
Renzo Arbore dove era arrivata, tra le altre, con la
canzone Un amore, sempre di quel benedetto Ullu,
suo famoso stilista vocale. Cantò dal vivo, in maniera
esemplare, caricando lo studio come una pila. L'invidia delle
donne in studio, per la sua fisicità apollinea, era o di
ammirazione assoluta, o viperina. Inconfondibile, sensuale,
trasgressiva e sognante, a volte radente, a volte luccicante.
Figlia di fragilità lagunari, costretta a praticare un
autocannibalismo egocentrico (l'ho cavalcato anch'io il 68 di
"Tripoli", e altro non era che la rivolta contro la
propria famiglia e la conseguente ricerca di un padre, di una
madre o di fratelli sostitutivi che quasi mai si
rivelavano migliori degli originali). La produttrice, la
signora Manuti, che era una mia amica, avrebbe potuto
darmi la possibilità di conoscerla finalmente, ma ho preferito
di no. Della Pravo a me bastavano i dischi.
Nicoletta, era un altare maggiore... Una specie di grande
sogno dentro cui cercare l'inferno o il paradiso e risposte
liquefatte di suoni, di una sessualità "problematica", a cui
lei come Pravo, avvolgeva intorno il gesto felino delle
sue movenze androgine. |
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E
adesso Nicoletta non ci costringa a farci le pippe
mentali... Lo ha detto lei che è viva. Allora lo dimostri,
soprattutto a quelli che la vogliono "consumata". Le auguriamo
di non fare come lei spesso fa, quando il destino con lei è
magnanimo... Peter Pan lo vada a trovare nei giardini
musicali di Kensington... Accolga la benevolenza delle
Tre Grazie parnassiane, che tanto le hanno concesso, ma
se poi vuol foraggiare le loro sorelle infernali,
Grazia, Graziella , e Grazie al pene (che
a volte conta più del pane) si accomodi... Se vuole quel
famoso rispetto, che lei giustamente merita, impari che quello
che è, non lo deve solo alla cosa su cui è seduta, e che ha
fatto ammattire chi ha voluto, ma anche ai ragazzi
tristi come me e tutti gli altri, che con motivazioni
diverse compravano i suoi 33 giri a rate. Qualcuno
(i più) per sculettare come lei, altri e sono molti, per
abbandonarsi alle perle musicali, seminate Qui e là,
contenute anche nei suoi dischi più cervellotici, ma mai
noiosi. Un ragazzo bellissimo di Brescia, negli anni
70, aveva fatto un viaggio in Brasile per tornare
"rifatto" come Lei. Il chirurgo di fama, si rifiutò facendolo
curare dalla sindrome da "crisi di identità". Oggi è felice in
giacca e cravatta, poiché (e forse l'ha capito finalmente
anche lei) la trasgressione più affascinate ed
esclusiva è sembrare normali. La vita ha una gran pazienza,
prima di abdicare, userei il buon senso, che era santo
in papa Giovanni, poeticamente folle in Ezra
Pound, gratuito e immaginifico in Peggy Guggenheim.
Lei dice di averli conosciuti tutti ma da come si comporta
sembra li abbia solo visti. Dice che andava in San
Marco, non a messa, "ma no credo che la Siora Mare le
abbia fatto mai mancar la sua protesion". Lei, è della serie
"faccia smorta, mona forta".
Bill Conti, Luis
Enriquez Bacalov, Paolo Dossena, Giovanni
Ullu, Maurizio Monti, Shel Shapiro,
Franca Evangelisti, tutti i cantautori italiani della
RCA e moltissimi altri di cui spesso è stata la porta
d'ingresso alla notorietà, si meritano un momento di rispetto,
perché ognuno a suo modo ha aggiunto qualche tessera preziosa
al mosaico del suo repertorio. Si faccia poi rispettare lei
per prima, da chi volendo darle una mano, sembra riportare di
lei solo la bizzarria estrosa della sua irrequieta
origine lagunare. Non faccia il monumento a se stessa e mandi
a "eragac" (si legge all'araba) con la sua erre moscia, chi
vuole circuirla. Albert Einstein diceva (traduco a
braccio): "Se la nonna non capisce cosa dici, stai zitto,
perché ciò che dici, non vale nulla". Sì, quella famosa nonna,
che essendo mamma due volte le ha regalato lo spirito libero
delle donne veneziane. La Des-de-mona lasciamola al
Moro...
Chiudo con un altro brevissimo aneddoto. Nicoletta, un attimo prima che diventasse
Pravo,
fu Guy Magenta. Dopo averla sentita cantare non
so dove, la meno ipocrita delle pettegole veneziane
trasferitasi a Milano, ad una delle sue parenti che ne
osannavano le doti canore, disse:"La se ciama Magenta, ma la
val 'na Cicca". Alludeva al fatto che Milano ha due Porte con
quel nome... Anni dopo invece si vantava d'averla conosciuta.
Quando le ricordai quell'episodio, negò... Io le dissi "Che
stronza! Chi disprezza, poi compra". Questo credo, lo sappia
bene anche il Negus. La smania e quel "missiamento" da pravite acuta sono latenti, sempre pronti ad esplodere.
Visto che lei ha ricordato Dalida, come maestra del
"fiele e miele" deve fare solo una cosa, essere sempre
e solo se stessa. E per il resto, le cose le siano
buone.
C
a r m e l o S e r a f i n
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