Come mai questo
titolo? Forse solo un gioco di parole:
l'anagramma di NICO, MINA e NINA. Tre
immense artiste, insieme, accomunate da un mio personalissimo
grande rimpianto: non avere mai assistito ad un loro
concerto.
E il sottotitolo non poteva essere più esplicito...
NICO - Era il 1986 quando l'amico Luca mi
propose di partecipare a quello che lui considerava un
evento: una performance di Nico che si sarebbe
svolta, udite udite, nel teatro parrocchiale di un
paesello vicino casa nostra... Quando mi chiese: "Vieni con
noi, stasera, a sentire Nico?", io risposi: "E chi è?".
Beata
ignoranza! Per lui, grande intenditore di musica d'Oltralpe,
la mia "uscita" dovette produrre lo stesso effetto che fece ad
un giornalista la scoperta, nel corso di in un'intervista, che
Alessandra Amoroso non sapeva chi fosse David Bowie.
Difatti il buon Luca mi liquidò dicendo: "Vabbè,
non importa, poi ti spiegherò". Alzai le spalle e lasciai perdere.
Qualche giorno dopo fu proprio lui a illuminarmi sulla storia
di Nico e a regalarmi il nastrino con la registrazione
amatoriale del "concerto". Oggi si partecipa alle più
disparate manifestazioni canore con tanto di telecamera
amatoriale, telefonino, etc., una volta tornare a casa con una
buona riproduzione audio, dopo aver nascosto il registratore
Gelosino nella borsa della complice di turno e il
microfono sotto il giubbino di jeans, era il massimo che
si potesse desiderare. Ma Luca era ben
organizzato, con i suoi marchingegni sempre all'avanguardia e
i suoi mitici giubbini in pelle nera... Sentii quel nastrino una, due, dieci,
cento volte, fino a consumarlo. Mi ero innamorato di quella
voce e di quelle particolari atmosfere che,
parlando di
Nico, definire dark, punk o rock è
riduttivo. E poi quei testi visionari che
rivelavano tutto il genio e l'originalità dei
suoi pensieri neri, frutto di un'esaltante
sensibilità ma anche di uno
stile
di vita borderline. Cominciai proprio allora a navigare
nel suo repertorio e scoprii un mondo che non
conoscevo. Ancora oggi, dopo tanti anni, riesco a perdermi nella sua musica,
deragliando come la prima volta al soffio inquietante dell'
harmonium, ma continuo a
rimpiangere quel live act, quell'emozione mancata...
MINA - Nella prima metà degli anni Settanta
trascorsi tre intere
estati in Versilia. Non ricordo più quante volte mi
capitò di passare casualmente
davanti ai cartelloni de LA BUSSOLA che sul lungomare annunciavano le date
dei concerti di Mina... Il primo anno non avevo ancora
compiuto quindici anni e con gli amici andavo già a sentire
Patty Pravo da Oliviero, ai Ronchi (Marina di Massa).
Mina
sembrava allora una cantante troppo "datata" per poter piacere
ad un adolescente... INSIEME e IO E TE DA SOLI furono le prime
canzoni che mi avvicinarono al mondo musicale della signora
Mazzini, ma per quanto fossero due pezzi da novanta e per
giunta firmati Mogol-Battisti, evidentemente non bastarono a far scattare la voglia di andare a
sentirla dal vivo...
Patty invece era già una "vecchia"
conoscenza, un personaggio che fino ad un paio di anni prima faceva
parte di un mondo più vicino a noi, ai giovanissimi, insomma...
anche se (ironia della sorte) proprio agli inizi degli anni
settanta iniziò a dedicarsi ad un repertorio più vicino a
quello di Mina che al beat e al Piper Club, con i suoi colori
sgargianti e la contestazione all'acqua di rose, formato
tascabile...
Mi perdono questa mancanza, il non essermi
imbucato una sera nel Tempio di Sergio Bernardini... Forse ero
troppo giovane per capire cosa mi stavo perdendo. La mia prima
volta alla Bussola fu nel 1973 per lo Show
(Pazza idea) di Patty Pravo.
Faccio più fatica a perdonarmi
di non essere stato presente nel 1978 ad almeno uno dei concerti d'addio
di Mina a Bussoladomani. In quel periodo le vacanze le
trascorrevamo sull'altra costa, in Romagna... Ero già più grandicello e i locali che frequentavo erano il GEO di Gatteo
Mare, l'ALTRO MONDO di Rimini e altri piccoli club a Cervia
e Milano Marittima... Dal '75 al '79, non mi sono mai perso le
performances della Strambelli e di Mia Martini,
ma c'era spazio pure
per Baglioni, Venditti, De Gregori,
giusto per citarne alcuni. Purtroppo Mina, che avevo
cominciato a seguire con molta più attenzione, si esibiva
dall'altra parte dello stivale, in esclusiva al Teatro
Tenda di Bernardini. Io e
un gruppetto di amici appassionati di musica come me, qualche
progettino l'avevamo fatto, ma non sarebbe stato semplice, magari in autostop, azzardare un'avventura
simile, vale a dire assistere ad un concerto sulla costa tirrenica per poi ritornare a notte fonda
su quella adriatica. Quelle poche persone automunite che
avrebbero potuto accompagnarci non erano minimamente disposte
a farlo e tantomeno interessate a "follie" del genere...
Rinunciammo all'idea! Nonostante ciò, questa seconda occasione
persa, un po' mi brucia ancora,
soprattutto considerando che l'abbandono delle scene
annunciato da Mina, a cui allora nessuno credeva
veramente, fu davvero definitivo!
Col senno di poi, penso proprio che avremmo dovuto esserci, a
costo di organizzare una
"spedizione di guerra", con tanto di zaini, borracce
e sacchi a pelo, e al grido VIVA MINA! Ora o mai più... espugnare il tendone di Bussoladomani!
:-) Oggi sarei qui a raccontare un'altra grande emozione,
non a rimpiangerla.
Altra storia, molto più semplice
e molto più triste, è quella riguardante i recitals di NINA SIMONE,
un'artista che purtroppo ho scoperto soltanto agli inizi degli anni Novanta, così come è successo con Juliette
Gréco. Ma mentre con quest'ultima mi sono rifatto alla
grande, assistendo ai concerti di Milano, Cremona, Brescia e
Venezia, con Nina Simone è andata diversamente... Nel 1990/91,
quando si esibì a Reggio Emilia e al Palladium di Roma, ancora
non la seguivo così bene e quindi sprecai "inconsapevolmente"
entrambe le occasioni, mentre quando tornò a cantare in
Italia, dieci anni dopo (ed io collezionavo addirittura i suoi dischi),
era già troppo tardi... Era il tempo in cui un inesorabile
declino aveva minato per sempre la sua carriera artistica, ovvero, quando ormai,
poco tempo prima della fine,
le sue performance non raccontavano più niente di buono e di
nuovo. Paolo Biamonte, nel
recensire un suo concerto a Roma nel 2002, intitolò così il suo
articolo: Il mito di Nina Simone brilla solo nei ricordi,
dal
vivo è l'ombra di sé. Morì l'anno successivo.
Rosario Bono - 15.5.2014
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