Jean Paul Sartre - Subito dal
primo momento Annabel si è accesa di una appassionata simpatia
per Juliette. La sua folle amicizia e la sua tenerezza per lei
non vacilleranno mai, resisteranno a tutte le tempeste, a
tutti i mutamenti della vita, ad ogni avvenimento. Quella sera
stessa porta Juliette all'hotel della Louisiana, al carrefour
Buci. "Indovina chi ha abitato in questa camera? - le domanda
facendo gli onori di casa - Jean Paul Sartre. Soltanto da pochi
giorni è andato a stabilirsi al terzo piano". Juliette ha
appena sentito parlare di Sartre, l'ha intravisto qualche
volta: è piccolo, modesto di aspetto, un po' miope. "Perché è
così celebre?", domanda. Annabel lo rispetta come un idolo.
Quell'ex professore scrive dei gravi trattati su di una teoria
filosofica: l'esistenzialismo, teoria della quale, altri,
prima di lui, Kierkegaard e Heidegger, avevano gettato le
basi. Ed ecco che bruscamente, la giovinezza del dopoguerra
priva di idoli ha scoperto il suo insegnamento e pretende di
farne la sua regola di vita, prendendo alla lettera ogni sua
frase e interpretandola nel senso più restrittivo. "Siamo
liberi della nostra scelta e i soli determinanti delle nostre
azioni. La scelta profonda che determina le nostre decisioni
di tutti i giorni e tutt'uno con la coscienza che noi abbiamo
di noi stessi" scrive Sartre nel suo manifesto. "Essere è il
nulla". E non occorre di più a migliaia di giovani per vederci
una giustificazione ai loro istinti e ai loro disordini.
Dimenticano di voltare la pagina e di leggere come Sartre più
in là ha definito la responsabilità: quella responsabilità che
egli vede dovunque, perfino nelle decisioni prese dalla
società alla quale l'individuo appartiene e per le quali non
sarà mai consultato. Anche Juliette ne fa il suo idolo e lui
si accende di simpatia per quella strana ragazza pallida,
affamata, dai lunghi capelli.
Vita con gli esistenzialisti - In quell'albergo della
Louisiana, Juliette entra con Annabel in un ambiente nuovo,
eccitante come uno stupefacente. Marcello Paglierò è il loro
vicino di camera. Al piano di sotto vive un'altra donna
eccezionale: Anne Marie Cazalis: figlia di un pastore
anglicano. Anne Marie Cazalis è una piccola donna dai capelli
rossi la cui vocazione a quindici anni era quella di essere
missionaria. Un diploma d' inglese l'aveva portata a Parigi
dove aveva scritto quattro poemi che le avevano conquistato il
premio Paul Valery e la reputazione di poetessa. Capitata per
caso a Saint Germain, una sera, non si era più mossa di lì.
1945... Parigi,
liberandosi dei suoi quattro anni di occupazione, ha ripreso a
vivere la notte. Il Rue de l' Echaudè, a due passi dal
campanile di Saint Germain des Pres, un caffè frequentato
dagli autisti è diventato ad un tratto "l'ombelico del mondo".
Un'orda selvaggia l'ha requisito, in nome di una nuova
religione "l'esistenzialismo" che ne ha fatto il suo tempio e
l'ha battezzato "Tabou". Non è davvero un bistrot come gli
altri. La porta che si spinge, entrando, dà su una anticamera
dove si accalcano "i neofiti", mentre "gli eletti" scendono
nel santuario lungo una scaletta ripida e tortuosa. Per
penetrarvi bisogna essere degli "affiliati" o, come in tutte
le società segrete, essere accompagnati da un "affiliato".
Subito, sui primi gradini l'odore del tabacco prende alla
gola, i suoni acuti di una tromba di jazz sembrano forare i
muri (benché siano molto spessi), della cantina. Entrando, non
si vede niente. C'è troppo fumo. Poi, a poco a poco, l'occhio
si abitua: e lo spettacolo vale la pena. Vi sono quelli che
danzano e quelli che bevono: quelli che danzano sembrano aver
superato il limite della ragione e della stanchezza. Hanno gli
occhi brillanti, i capelli incollati dal sudore, danzano a
passi precisi o facendo figure acrobatiche. Gridano e ridono
insieme. Di tanto in tanto si fermano, la mano nella mano, per
riprendere fiato o per guardare un'altra coppia scatenata su
un ritmo Nuova-Orleans. Quelli che bevono li contemplano con
indifferenza. Sono assorti in conversazioni importanti e
rifanno ogni sera il mondo davanti a un bicchiere di whisky.
Parlano con passione di quello che faranno quando avranno
deciso di fare qualcosa. Ad ogni istante i ballerini
rovesciano i bicchieri od urtano gli sgabelli di quelli che
meditano, inseguendo con lo sguardo vago, il loro sogno
segreto.
In questo ambiente Annabel e Anne Marie trascinano ogni sera
Juliette diciottenne: quando non vanno al Tabou vanno al Bar
Vert: comunque non rientrano mai a casa prima dell'alba.
Juliette comincia ad essere notata, con il suo pallore, gli
immensi occhi, i lunghi capelli. E' l'epoca folle in cui si
scopre, grazie al dopoguerra, la nuova bohème. Michel del Re,
angelo nero del teatro di avanguardia, è talmente pallido che
tutti predicono appena lo vedono che non passerà la settimana.
Alexandre Astruc che non sogna ancora di diventare regista,
inventa la penna stilografica che fotografa. Boris Vian, per
guadagnare la sua vita, suona di notte la sua tromba e il
giorno scrive poesie ciniche. "Andrò a sputare sulle vostre
tombe". E' di lui che Juliette si accende subito, ma come
potrebbe fiorire un amore, in quell'ambiente folle? E'
soltanto un anelito di due giovani uno verso l'altra, poi
l'amicizia gelosa di Annabel, e cento altre figure d'uomini e
di donne che passano tra di loro, li separano, o per lo meno
separano le loro vite. Ma, un sentimento profondo, inespresso,
rimane vivo per sempre nel profondo dei loro cuori. Essi si
vedono ogni sera al Tabou dove continua ad affluire ogni
giorno gente più strana. Vi giunge Orson Welles, scacciato
dagli Stati Uniti per aver provocato con la sua allucinante
trasmissione alla radio sull'arrivo dei marziani, scene di
panico incredibile in tutta l'America e una catena di suicidi.
Ad ogni alba lo si trova ubriaco fradicio e tuttavia più
geniale e ricco di idee che mai. Anche Prevert frequenta il
locale e Yves Montand canta al Tabou, per la prima volta il
suo poema "Foglie morte" scritto prima di quello di Trenet.
"Les feuilles mortes se ramassent a la pelle. Les souvenirs et
les regrets aussi" (Le foglie morte si raccolgono con il
rastrello: così i ricordi e i rimpianti). Questi sono gli
amici che Juliette frequenta: questo l'ambiente dove vive,
cercando invano la sua strada. Danza, teatro?
In cerca di una strada - Conosce Daniel Gelin e sua
moglie Daniele Delorme, coppia terribile del cinema che litiga
a morte tutti i giorni: ma il loro appartamento è sempre pieno
lo stesso. Il pittore Bernard Buffet (oggi miliardario perché
a trent'anni vende ogni quadro per parecchi milioni) è ancora
famelico e livido come i suoi personaggi. Christian Berard,
"Bebè" per i suoi intimi, il più grande disegnatore e
costumista di Parigi a quell'epoca disegna per divertire
Juliette sulle tovaglie di carta del piccolo ristorante degli
"Assassins" le sue meraviglie. Al suo fianco è sempre la
piccola cagnetta di lusso dalla quale non si separa mai.
Strana e folle epoca: per "indifferenza" la bella Scarlett,
nata Suzanne Bigart, che è indossatrice di Fath, scavalca il
suo balcone e si getta dall'alto della sua soffitta in rue
Bonaparte... E intanto Juliette cerca la sua strada, la sua
maniera di esprimersi. Una sera, sulle scale dell'Hotel della
Louisiana, Sartre la fermò. "Juliette, ti ho sentito
canticchiare l'altra sera. Perché non canti sul serio?".
"Perché non ho voce. Non l'ho mai avuta. Non ho mai pensato di
cantare". "Bisogna scrivere delle canzoni appositamente per
te. E se tu mi dai retta, Juliette... un giorno tutti i poeti
e tutti i musicisti di Parigi ti supplicheranno di essere la
loro interprete...". "E' impossibile - si schermisce Juliette
- non so gestire... non so come vestirmi". "Non devi gestire,
il "gesto" è mostruoso, innominabile e impudico. In quanto a
vestirti, puoi rimanere come sei, pantaloni, maglione nero, e
i capelli così. Non cambiare mai niente di te stessa". Il
giorno dopo, sulla terrazza di un caffè, Sartre le presenta
due amici, il poeta Raymond Queneau e il musicista Joseph
Kosma. Il poeta scarabocchia subito un poema per lei. "Si tu
t'imagines, si tu t'imagines, fillette, fillette, si tu
t'imagines que ça va, que ça va, ça va durer toujours... la
saison des A, la saison des amours... ce que tu te gourres!".
(Se ti immagini, ragazzina, che durerà, durerà sempre la
stagione degli amori, tu ti illudi). La canzone piace a
Juliette, e ancora di più la musica. Le sue amiche fanno in
modo che venga scritturata alla Rose Rouge. La paga è poca,
mille franchi per sera, ma in quei giorni Juliette vive di
tartine e di speranza, e quel denaro è una manna dal cielo.
Studia ostinata, accanita per molti giorni, quei pochi versi,
quella amara melodia. E finalmente debutta. Quando appare sul
minuscolo palcoscenico, con la sua lunga silhouette nera, il
viso emaciato incorniciato dalla capigliatura abbondante, un
lungo brivido fa ammutolire tutti. In un solo istante è
diventata il simbolo di quella giovinezza che l'ascolta
attonita. E' dritta e altera, così distante dal suo pubblico
come se la sua sorte non vi dipendesse in alcun modo. Il
silenzio della sala piomba su di lei, facendola agghiacciare.
E' la prima volta che prova il panico, un panico che non
l'abbandonerà mai. Ma quando comincia a cantare, con la sua
voce profonda ed orgogliosa quel terribile lamento dell'amore
e della giovinezza: "Si tu t'imagines, si tu t'imagines...
fillette, fillette..." sente che ha vinto la sua battaglia,
che ha conquistato il pubblico, che è diventata "qualcuna".
Più di una bella ragazza, in quel pubblico, abbassò gli occhi
con tristezza, per non affrontare il suo sguardo spietato. "A
grands pas s'approche la ride veloce, la pesante graisse, le
muscle avachi...". (A grandi passi s'avvicina, la subitanea
ruga, il pesante grasso, il muscolo rattrappito). Come Sartre
le ha consigliato, non fa un gesto. Non fa una concessione a
quelli che l'applaudiscono. Quelli a cui non piaceva dicono
subito che aveva una figura funebre, una figura da malaugurio.
Cocteau che va a vederla una sera, dice: "Se farò il mio film
su Orfeo, sceglierò lei per interpretare la morte e la
fatalità". Juliette rappresenta ormai la noia, l'inquietudine
e il disgusto di tutta la giovane generazione. Dalla Rose
Rouge al Tabou, alla Louisiana, ovunque, porta l'espressione
della invincibile tristezza di una gioventù amara e
disincantata. Il successo cresce di giorno in giorno. Tutta
Parigi viene a vedere la strana fanciulla vestita di nero,
pallida e triste, che canta a voce bassa canzoni melanconiche
come la morte. Boris Vian scrive ancora per lei, non si è
ancora spenta nel suo cuore la passione giovanile che per
qualche giorno l'ha unita a lui, ma Juliette è già lontana,
già inafferrabile. Eppure, come prigioniera del suo
personaggio, di quella specie di amara maledizione, non esce
mai dal suo "villaggio": non ha mai preso una sola volta il
"metro" per andare a passeggiare sui Campi Elisi, e come fanno
i gatti da grondaia, vive compiendo ogni giorno il solito
periplo, di rifugio in rifugio: Louisiane, Cafè de Flore, et
Deux Magots, Montana, Tabou, Rose Rouge... e Louisiane.
"Questo è il mio mondo - dice - qui sono nata e qui morirò.
Chi mi potrà portare fuori di qui?". Un primo tentativo,
infatti fallisce. Avuta una scrittura a Beziers si è
presentata davanti ad un teatro di diecimila persone. Fischi
ed urli hanno accolto le sue canzoni cerebrali,
trascendentali. Fischi ed urli l'avevano già salutata al suo
apparire. Il "grosso pubblico" non l'accetta. Bisogna che
torni alle sue cantine nell'atmosfera che le è familiare, dove
è veramente una regina. Non può gridare e cantare canzoni
allegre. Bisogna che sospiri con quel po' di voce che a furia
di volontà quasi disperata, e di esercizi è riuscita a
crearsi, le parole che sembrano fatte per lei. "Sombre est la
nuit / un eclair fuit / un homme fuit / la mort suit / un
corps tombe / dans la tombe... (Cupa è la notte / un lampo
fugge / un uomo fugge / la morte segue / un corpo cade nella
tomba).
A quell'epoca ritrova sua madre e sua sorella, ritornate sane
e salve. Esse quasi non la riconoscono, e lei le sente
terribilmente lontane. La gioia di riabbracciarle è
amareggiata dalla tristezza di sentirsi ormai lontana,
staccata dalla loro vita. Quando sua madre le annuncia che
andrà ad alloggiare in un piccolo appartamento della riva
destra, lei dichiara: "Mamma quello è un altro mondo per me.
Un mondo dove io non metterò mai piede. I miei amici ed il mio
cuore sono qui, ed io rimarrò sempre fedele al "villaggio" che
mi ha dato la vita, la notorietà, il successo... Qui soltanto,
posso respirare, è vero!". Eppure l'amore, l'amore vero, il
primo della sua vita l'aspettava proprio là, su quella riva
destra dove dichiarava che non sarebbe mai andata...
Passaggio in un mondo nuovo - Una sera, alla Rose
Rouge, tra gli altri spettatori, c'è uno sconosciuto. Juliette
sta cantando una canzone di Boris Vian, melanconica, ma non
tragica. "Quand l'etè vient, de ma fenetre sous les toits,
j'entends monter, du vieux bistrot une rumeur pleine de rire e
de chansons. Voici vingt ans qu'ils ont repris ce vieux cafè.
Ils l'ont laissè, tal qu'il etait, sans rien changer. La
vieille glace a bien vu dix mille amoureux...". (Quando viene
l'estate, dalla mia finestra sotto i tetti, sento salire dal
vecchio caffè in basso, un rumore pieno di risa e di canzoni.
Da vent'anni hanno comprato questo vecchio caffè, e l'hanno
lasciato com'era, senza cambiare nulla: il vecchio specchio ha
già visto mille innamorati). La gente tace, ascolta la giovane
donna, e appena lei ha finito di cantare, il signore
sconosciuto sale sul palcoscenico e domanda di esserle
presentato. "Mi chiamo Jean Pierre Melville: sono il regista
di un film che inizierà tra breve. Vorrei che foste la
protagonista di questo film". Spaventata, Juliette rifiuta
subito. E' brutta, non è fotogenica, ha un naso orribile, non
sa recitare. E poi, non vuole muoversi di lì. Quello è il suo
mondo, e il mondo del cinema le fa paura. Ma Melville insiste,
altri amici insistono perché faccia almeno un provino, Annabel
e Anna Maria, se pure a malincuore si uniscono agli altri,
Juliette è trascinata al Cafè des deux Magots, rimpinzata di
whisky e di cognac, finché, stordita, cede. Ma prima di
alzarsi per ritornare all'hotel si guarda in uno dei grandi
specchi e ride: "Far del cinema con questo naso, che
toupet!". Boris Vian l'accompagna a casa, tenendola a
braccetto. La convince che la vita non sta ferma: tutto si
trasforma, tutto cambia. Quello che era logico e meraviglioso
ieri, sarà forse assurdo e grottesco domani. Il mondo degli
esistenzialisti sta già sfasciandosi. Simone de Beauvoir, la
loro Dea dalle lunghe trecce intorno al viso marmoreo è andata
ad abitare, borghesemente, con Sartre, in un comodo
appartamento al 42 della rue Bonaparte. Soltanto i turisti,
ormai, credono nell'esistenzialismo e in St. Germain des
Pres... Parlando così Boris non immagina che segna la sua
condanna, la fine di un amore inespresso, ma tuttavia
profondo. Juliette prova un senso di profonda malinconia. Sì,
tutto muta, tutto cammina inesorabilmente col tempo. A nulla
si può aggrapparsi che sopravviva, duraturo. Il film che dovrà
interpretare è intitolato "Quand tu liras cette lettre"
(Quando leggerai questa lettera). Imbarazzata, sentendosi a
disagio, Juliette è presentata da Melville sul set. Non ha
cambiato pettinatura, è vestita di nero come sempre, il suo
volto è senza trucco. Le sembra di essere piombata in un mondo
sconosciuto.
"Lo detesto" - Il più antipatico tra tutti è il primo
attore giovane, colui che sarà il suo partner. E' biondo,
slavato, il tipo di giovane seduttore galante che lei
aborrisce: è vestito con eleganza ricercata, è proprio tutto
ciò che Juliette odia di più al mondo: fatuo, libertino,
vanitoso, superficiale, contento di sé e contento del mondo
intero. Juliette pensa che le sarà molto difficile andare
d'accordo con lui e formare una coppia affiatata per lo
schermo. Rimpiange i suoi compagni che non si lavano magari
tutti i giorni, non si tagliano spesso i capelli, portano per
tanto tempo lo stesso paio di pantaloni di velluto e lo stesso
maglione nero, ma hanno un senso della vita ben più profondo e
reale. Il giovane biondo, che si chiama Philippe Lemaire
cambia camicia tre volte al giorno, abito tutti i giorni e
qualche volta porta un fiore all'occhiello. "Lo detesto -
dichiara Juliette alle sue amiche. - Per fortuna lui mi
ricambia di eguale antipatia, e sembra occupatissimo a fare la
corte ad una giovane attrice italiana: Irene Galter...
Articolo inserito il 15.12.2010
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